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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI BRESCIA

FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

ABILITANTE ALL’ESERCIZIO DELLA  PROFESSIONE SANITARIA DI

INFERMIERE

TESI

LA DEFINIZIONE DEL RUOLO INFEMIERISTICO NELL’AREA DELLA 

URGENZA EMERGENZA  EXTRA OSPEDALIERA

 

                                                                                         Studente

                                                                                        AVIDE BARILE   

                                                                                     Matricola: 046786

Referente:

ERMANNO FERRARI

Anno Accademico    2003/2004

 

 

             

 Indice:

 

CAPITOLO N°1.   L’EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA FIGURA

DELL’INFERMIERE NEGLI ULTIMI TRENTA ANNI:

1.1: dall’abrogazione del mansionario alle lauree di secondo livello in scienze

infermieristiche.

 

CAPITOLO N°2.  LA NORMATIVA SUL SETTORE DELL’EMERGENZA FINO

ALLE RECENTI “LINEE GUIDA SU FORMAZIONE, AGGIORNAMENTO E

ADDESTRAMENTO PERMANENTE DEL PERSONALE OPERANTE NEL

SISTEMA D’EMERGENZA/URGENZA”:

2.1.: la normativa precedente.

2.2.: “Linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del

personale operante nel sistema d’emergenza/urgenza”.

 

CAPITOLO N°3.  PROCEDURE OPERATIVE EXTRA OSPEDALIERE “118”.

3.1: procedure extra ospedaliere del “Comitato Area Territoriale Interdipartimentale della

provincia di Brescia 1/12/2003.”

3.2: protocollo per l’arresto cardiaco.

3.3: quadro clinico dell’arresto cardiaco; evidenze e motivazioni scientifiche al

trattamento.

 

CAPITOLO N° 4.  RISULTATI.

4.1: analisi interpretative.

 

 

 - CONCLUSIONI.

 - GLOSSARIO.

 - BIBLIOGRAFIA.

 

 

 

 

PREMESSA:

L’interesse personale per l’area critica ed in particolare per l’attività che si svolge

nell’ambito del servizio di emergenza/urgenza, è sorto durante la mia attività di tirocinio

presso il DEA dell’azienda ospedaliera Mellino Mellini di Chiari dove ho potuto

sperimentare al meglio le mie (se pur ancora inesperte) abilità tecnico assistenziali. Mi ha

inoltre affascinato l’elevato contenuto tecnico procedurale che la figura dell’infermiere

assume oggi, alla luce soprattutto dell’evoluzione professionale in termini legislativi

rispetto alla formazione, alle competenze, all’esperienza e alla responsabilità;

un’importanza rilevante. Il mio lavoro, si pone l’obiettivo di individuare quali sono i

modelli assistenziali più congrui e gli strumenti attualmente a disposizione della categoria

per il crescere professionale, mediante un’analisi delle principali fonti legislative che

disciplinano l’attività e definiscono il ruolo dell’infermiere nell’ambito collaborativo con la

figura medica nel particolare contesto delle emergenze extra ospedaliere in Italia. Inoltre in

modo più specifico si pone di evidenziare quali procedure vengono utilizzate in questo

ambito nella realtà pratica al fine di erogare prestazioni infermieristiche qualitativamente

elevate dal punto di vista tecnico assistenziale a tutela del proprio agire professionale (in

termini di corresponsabilità) e dell’utente/cliente. 

 

 

                                                CAPITOLO N° 1.

 

L’EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA FIGURA DELL’INFERMIERE NEGLI ULTIMI TRENTA ANNI:

 

1.1: dall’abrogazione del mansionario alle lauree di secondo livello in scienze infermieristiche;

 

Negli ultimi trent’anni e più precisamente a partire dal D.P.R. n° 225 del 14/03/1974 recante le “modifiche sulle mansioni dell’infermiere professionale, delle vigilatrici d’infanzia, degli infermieri professionali specializzati, degli assistenti sanitari e degli infermieri generici; del regio decreto n° 1310 del 2/5/1940”che prevedeva una serie d’attribuzioni di compiti all’infermiere in campo assistenziale sotto la stretta sorveglianza nonche’prescrizione medica, collocava la figura professionale in una dimensione di arte ausiliaria meramente esecutiva priva di autonomia decisionale nel proprio ambito lavorativo.Tale situazione non rispecchiava ne rendeva giustizia alle potenzialità fattive in termini di, autonomia, conoscenza, competenza e responsabilità che per anni la categoria aveva dimostrato sul campo. L’evidenza metteva quindi in contrasto la normativa di riferimento con la realtà pratica in campo assistenziale. Pertanto grazie soprattutto allo sforzo e al continuo impegno svolto dalla federazione nazionale dei collegi IPASVI si è espressa alle istituzioni la necessità di adeguare la normativa in vigore in modo che si delineasse un’area specifica d’intervento e una ridefinizione del ruolo per gli infermieri   tale da estrarre la professione da un’anacronistica subalternità causa prima di effetti negativi non tanto, e, non solo per gli infermieri quanto per l’organizzazione sanitaria e quindi per la tutela della salute dei cittadini/utenti. La risposta arriva, non proprio puntualmente, mediante l’emanazione del D.M. n°739 del 1994 che delinea il profilo autonomo dell’infermiere e più precisamente come l’art.1.1 cita testualmente:

E’ individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo:

l’infermiere è l’operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.

quindi all’art.1.3:

L’infermiere:

a)      Partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività;

b)      Identifica i bisogni di  assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obbiettivi;

c)      Pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico;

d)      Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;

e)       Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali;

f)       Per l’espletamento delle funzioni si avvale,ove necessario,dell’opera del personale di supporto,

g)      Svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell’assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero professionale.

Inoltre all’art.3.1:

Con decreto del ministero della Sanità di concerto con il ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati conseguiti in base al precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario i cui all’articolo 2 (D.U. ai sensi dell’articolo 6, comma 3 del decreto legislativo del 30 dicembre 1992 n°502, e successive modificazioni, abilita all’esercizio della professione previa iscrizione al relativo albo professionale) ai fini dell’esercizio della relativa attività professionale e dell’accesso ai pubblici uffici. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Successivamente, e, più precisamente il 26 febbraio del 1999, il legislatore emana una legge definitiva in materia, pubblicata sulla GU n°50 del 2 marzo 1999 denominata“disposizioni in materia di professioni sanitarie”, di cui all’articolo n°1.1 recita:

 

La denominazione “professione sanitaria ausiliaria” è sostituita dalla denominazioneprofessione sanitaria”.

Art.1.2:

1        Dalla data d’entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con D.P.R. 14 marzo1974 n°225.

2        Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie…,è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili

 professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici,……….

Con questa legge come si evince dagli articoli sopra riportati, è definitivamente abrogato il mansionario (fatta eccezione per il titolo V riguardante l’infermiere generico) e si formalizza definitivamente la denominazione di professione sanitaria quell’attività che fa capo alla figura dell’infermiere, che risulta essere finalmente collocato nella posizione e nel ruolo di professionista anziché quella di operatore sanitario ausiliario.

A completamento del mosaico in termini di valorizzazione e riconoscimento della professione infermieristica, è stata emanata la legge n° 251 del 10 agosto 2000 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica” che detta:

 

 Art.1 “ professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica”.

Art.1.1: gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei profili professionali nonché degli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.

 Art1.2: lo Stato e le Regioni promuovono, ………la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel S.S.N, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione Europea.

Art1,3: il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per;

1        L’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività d’assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;

2        La revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli d’assistenza personalizzata.

 

 

Art.5 “formazione universitaria”.

Art.5.1: il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministero della sanità,……individua con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici e specifici corsi universitari ai quali possono accedere gli esercenti delle professioni sanitarie di cui all’art.1.2.3.4. della presente legge, in possesso di diploma universitario o titolo equipollente per legge.

 

Art.6. “definizione delle professioni e dei relativi livelli d’inquadramento”.

Art6.2: il Governo con atto regolamentare definisce la disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli specifici diplomi rilasciati al termine dei corsi universitari di cui all’art.5 comma 1  della presente legge, per l’accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del S.S.N…….Le Regioni possono istituire la nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario nell’ambito del proprio bilancio…….

Con questa legge, ancora più espressamente si pone l’accento sul nuovo ruolo, sulle competenze, sull’autonomia e sulle responsabilità dirette rispetto l’organizzazione, gli obiettivi la pianificazione e i risultati delle prestazioni assistenziali infermieristiche, rappresentate sicuramente dalle pietre miliari del suddetto documento e cioè l’articolo n°5 formazione universitaria” che rifacendosi al D.M. del 3 novembre 1999, n°509 “regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei” di cui all’articolo 3.3 dispone:

1        Le università rilasciano i seguenti titoli di primo e di secondo livello:

a)      Laurea (L) di primo livello;

b)      Laurea (LS) di secondo livello;

2        Le università rilasciano altresì il diploma di specializzazione (DS) e il dottorato di ricerca (DR), e l’articolo n° 6 “definizione delle professioni e dei relativi livelli di inquadramento” che dispone all’art. 6.2 l’accesso concorsuale riservato al personale in possesso dei titoli di cui sopra all’art. 5, quindi anche gli infermieri, ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del S.S.N. Ciò vale a dire che tramite questo provvedimento oggi per gli infermieri è possibile un avanzamento professionale di tipo verticale rispetto l’organigramma gerarchico delle A.O. e A.S.L., cosa impensabile prima, e che limitava l’infermiere ad un “solo” avanzamento orizzontale (capo sala).

 

 

                                                CAPITOLO N°2.

 

LA NORMATIVA SUL SETTORE DELL’EMERGENZA FINO ALLE RECENTI “LINEE GUIDA SU FORMAZIONE, AGGIORNAMENTO E ADDESTRAMENTO PERMANENTE DEL PERSONALE OPERANTE NEL SISTEMA EMERGENZA/URGENZA;

L’accordo tra il ministro della Salute, delle Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in esame rappresenta, l’ultima in ordine di tempo, di una serie di disposizioni sul tema dell’emergenza. Si ritiene utile un excursus delle disposizioni emanate riportando per esteso quanto espressamente previsto per la professione infermieristica.

2.1: la normativa precedente;

1992-Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza.

Con la legge 30 dicembre 1991 n°412 sulle “disposizioni in materia di finanza pubblica” all’art. 4 chiedeva al Governo di determinare, con effetto dal 1° gennaio 1992, i livelli di

assistenza sanitaria da assicurare in condizioni di uniformità sul territorio nazionale, nonché gli standard organizzativi e di attività da utilizzare per il calcolo del parametro

Capitario di finanziamento di ciascun livello assistenziale per l’anno 1992. Detti livelli di assistenza sanitaria devono essere definiti “nel rispetto delle direttive comunitarie e,

limitatamente alle modalità di erogazione, degli accordi di lavoro per il personale dipendente”. Sulla base di tale delega viene emanato il Dpr 27 marzo 1992 relativo “All’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei Livelli di

assistenza sanitaria di emergenza”. Con tale decreto è stato di fatto attivato il livello assistenziale d’emergenza sanitaria da assicurare con carattere d’uniformità in tutto il territorio nazionale, costituito da un complesso di servizi e prestazioni regolamentati. Alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano è demandata la ristrutturazione del sistema di emergenza sanitaria mediante l’organizzazione delle attività relative articolate su un sistema di allarme sanitario e un sistema di accettazione ed emergenza sanitaria. La responsabilità medica organizzativa della Centrale operativa è attribuita nominativamente, anche a rotazione, ad un medico ospedaliero con qualifica non inferiore ad aiuto corresponsabile, preferibilmente anestesista, in possesso di documentata esperienza ed operante nella medesima area dell’emergenza.Tale figura si avvale di personale infermieristico adeguatamente addestrato, nonché di competenze mediche d’appoggio. La responsabilità operativa è affidata al personale infermieristico professionale della Centrale, nell’ambito di protocolli decisi dal medico responsabile della centrale operativa. E’ evidente che le uniche professionalità impegnate nell’assistenza sanitaria di emergenza sono quelle del medico e dell’infermiere, adeguatamente addestrato e, inoltre si richiede espressamente la predisposizione di dettagliati protocolli, basati su algoritmi universali, necessari in un contesto di bassa prevedibilità degli eventi, di standardizzare le prestazioni tecnico operative di carattere assistenziale al fine di ridurre i tempi di intervento dell’emergenza in sicurezza e di uniformare un linguaggio operativo comprensibile a tutte le figure professionali coinvolte nel processo, stabilendo i ruoli di queste in relazione alle rispettive competenze.Particolare attenzione fu posta a suo tempo all’art.10 di detto decreto.

Questo letteralmente dispone che il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio d’emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”. Tale disposizione, discendeva da quanto previsto dal Dpr 225/74 sulle mansioni degli infermieri professionali che, limitavano la possibilità a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi soltanto nell’ambito d’organizzazioni ospedaliere o cliniche universitarie e sotto indicazione specifica del medico responsabile del reparto. Il problema è stato ormai superato con l’emanazione della legge n°42 del 26 febbraio 1999, dal DM 739/94 istitutivo del profilo professionale, degli ordinamenti didattici, nonché dello specifico codice deontologico.

1996-Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del Dpr 27 marzo 1992.

Sulla G.U. del 17 maggio 1996, è stato susseguentemente pubblicato l’“Atto d’intesa tra Stato e Regioni d’approvazione delle Linee guida sul sistema d’emergenza sanitaria in applicazione del Dpr 27 marzo 1992”. Tale intesa ha lo scopo di fornire indicazioni sui requisiti organizzativi e funzionali della rete dell’emergenza, tenendo conto della recente evoluzione legislativa, nonché dell’esperienza maturata da numerose Regioni. Si tratta di un documento molto dettagliato ove sarà riportato quanto di specifico interesse

 

infermieristico.Viene disposto che il sistema sanitario per l’emergenza/urgenza è costituito da:

3        Un sistema d’allarme sanitario, dotato di numero telefonico di accesso breve e universale in collegamento con le centrali operative;

4        Un sistema territoriale di soccorso;

5        Una rete di servizio e presidi ospedalieri, funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati.

 

Le modalità di risposta all’emergenza/urgenza si articolano su quattro livelli d’operatività:

 

1        Punti di primo intervento;

2        Pronto soccorso ospedaliero;

3        Dipartimenti di  emergenza/urgenza ed accettazione di primo livello;

4        Dipartimenti d’emergenza/urgenza ed accettazione di secondo livello.

Spetta sempre alle Regioni, nel procedere alla riorganizzazione della rete ospedaliera: predisporre il piano regionale per l’emergenza, identificando le differenti esigenze delle aree territoriali regionali con particolare riguardo agli insediamenti abitativi, produttivi, alle infrastrutture, alle attività lavorative, ai flussi di traffico e turistici ed alle attività sportive, individuando le sedi idonee di pronto soccorso ospedaliero, organizzando i dipartimenti di emergenza/urgenza ed accettazione negli ospedali idonei a svolgerne funzioni. Funzione di primaria importanza è sicuramente rivestita dalla centrale operativa che deve poter definire con la massima precisione possibile, “il grado di criticità e complessità dell’evento accaduto, e conseguentemente, attivare l’intervento più idoneo utilizzando tutte le risorse a disposizione”. Inoltre per operare necessita diprotocolli operativi interni, che dovranno essere resi noti alle diverse istituzioni coinvolte nel sistema dell’emergenza/urgenza. I protocolli di valutazione di criticità dell’evento devono utilizzare codifiche e terminologie standard non suscettibili d’ambiguità interpretative e devono essere sottoposti a periodica valutazione e revisione”. Pertanto come detto prima ed evidenziato dal suddetto documento, i protocolli che coinvolgono tutti gli operatori che lavorano nel contesto dell’emergenza (compresi gli infermieri che operano nell’ambito preospedaliero) devono essere chiari, uniformi, e revisionabili rispetto il poterli aggiornare a ragion veduta con protocolli innovativi basati sulle evidenze scientifiche internazionali, sulle tecnologie a disposizione sulle conoscenze, sulle competenze, e alle esperienze del personale operante. A proposito di questo, viene ulteriormente sottolineato che “è composto di infermieri professionali con esperienza nell’area critica, o che abbiano seguito corsi di formazione nel settore dell’emergenza. Al personale infermieristico è attribuita responsabilità nell’ambito di protocolli della centrale operativa e svolge funzioni di ricezione, registrazione e selezione delle chiamate, determinazione dell’apparente criticità dell’evento segnalato, codificazione delle chiamate e delle risposte secondo il sistema di codifiche definite dal decreto del ministro della Sanità del 15 maggio 1992. Contestualmente, nelle situazioni critiche, consultano il medico assegnato alla centrale, e gli forniscono gli elementi necessari ad assumere le decisioni negli interventi complessi, mantenendo i collegamenti con il personale di bordo dei mezzi di soccorso.

L’atto d’intesa di cui sopra dedica inoltre un capitolo dedicato al sistema territoriale e in particolare all’individuazione del personale operante sui mezzi di soccorso al fine di differenziare il livello d’intervento in base alla tipologia di richiesta, tenendo conto delle figure professionali e dei mezzi di soccorso a disposizione:

1.      Ambulanza di soccorso di base e di trasporto (tipo B ex decreto ministeriale n°553/1987): automezzo il cui equipaggio minimo è costituito da un autista soccorritore e da un infermiere (o soccorritore volontario) a bordo, con preparazione idonea ad operare nel sistema dell’emergenza.

2.      Ambulanza di soccorso e di soccorso avanzato (tipo A ex decreto ministeriale n°553/1987): automezzo attrezzato per il supporto vitale, di base ed avanzato, il cui equipaggio minimo è costituito da un autista soccorritore (ove possibile in grado di partecipare ad un intervento di emergenza sanitaria) e un infermiere professionale con preparazione specifica verificata dal responsabile di centrale operativa. La eventuale presenza del medico nelle ambulanze dislocate nei punti di primo intervento, è stabilita dalla programmazione regionale.

3.      Automezzo di soccorso avanzato con personale medico ed infermieristico a bordo, per il trasporto delle tecnologie necessarie al supporto vitale, condotto da una delle due figure citate. Il personale medico impegnato è indicato fra i medici assegnati alla centrale operativa. Secondo i piani attuativi del progetto di riordino ex d.g.r n°.27099 dell’8 aprile 1997, approvati con d.g.r. n° 37434 del 17 settembre 1998, definendo tipologie, distribuzione e modalità di impiego dei mezzi di soccorso del S.S.Uem pubblicato sul “Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia 1° suppl. Straordinario al n. 47-23 nvembre 1999”, per i mezzi di soccorso avanzato è previsto l’impiego di:

·    Autista /soccorritore

·    Infermiere professionale dipendente del S.S.R.

·    Medico convenzionato S.S.R. ex art. 63 D.P.R. 486/96

OPPURE:

1        Medico esperto dipendente S.S.R.

OPPURE:

2        2 infermieri professionali dipendenti   del S.S.R.

Ciò, afferma ulteriormente il ruolo e il grado di responsabilità in funzione alla formazione, competenza e autonomia di cui è investito l’infermiere nell’espletamento della propria attività in ambito extra-ospedaliero.

 

 4 Centro mobile di rianimazione (o di terapia intensiva): ambulanza attrezzata come piccolo reparto ospedaliero mobile, in cui sono previsti di norma due infermieri professionali ed un medico anestesista rianimatore, oltre all’autista soccorritore.

5 Eliambulanza: mezzo di norma integrativo delle altre forme di soccorso.

Il coordinamento del servizio di elisoccorso con il sistema dell’emergenza/urgenza è assicurato dalla centrale operativa. La dotazione del personale sanitario è composta da un anestesista rianimatore e da un infermiere professionale con documentata esperienza e formazione, o da altro personale qualificato in particolari sedi operative da stabilire in sede regionale.

2.2: “linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema  emergenza/urgenza”.

A conclusione dell’iter normativo precedente, è stato emanato l’accordo tra il Ministro della Salute, le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante “linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema emergenza/urgenza”. Si tratta di un atto che conferma le previsioni precedenti e sottolinea le necessità della presenza e la funzione di grande  rilevanza del personale infermieristico. Lo scopo principale di tale accordo è di assicurare un percorso formativo uniforme nel rispetto, in ogni caso, dell’autonomia delle Regioni e delle Province autonome alle quali resta la definizione dei programmi di formazione e d’aggiornamento e la relativa certificazione. Quello che preme rilevare è quanto riferito nei principi generali relativo al personale operante nel sistema dell’emergenza ovvero, che, “restano ferme le rispettive competenze, gli ambiti professionali, nonché la specifica formazione di base di ciascun figura”. A tal proposito è doveroso porre in risalto alcuni punti rilevanti:

1        Lo Stato ha definito riguardo al sistema emergenza/urgenza, delle linee guida per uniformare i servizi su tutto il territorio nazionale;

2        Agli infermieri è riconosciuta una rilevante autonomia e responsabilità   nel rispetto    in ogni modo delle disposizioni di cui il DM 739/94, legge n° 42 26/2/1999, legge n° 251/2000, e dei rispettivi codici deontologici, che in ogni caso deve essere completata da una formazione specifica continua;

3        È comunque sempre necessaria la predisposizione di protocolli ad hoc.

 

Repertorio Atti n°1711 del 22 maggio 2003. Conferenza Stato-Regioni. Seduta del 22 maggio 2003;

 

1. principi generali.

 

I programmi di formazione e aggiornamento e la relativa certificazione sono definiti dalle Regioni e dalle Province autonome.

Il personale operante nel sistema dell’emergenza/urgenza deve sostenere un percorso formativo uniforme, prescindendo dall’appartenenza al Servizio sanitario nazionale e/o ad Enti, Associazioni di volontariato.

Restano ferme le rispettive  competenze, gli ambiti professionali, nonché la specifica formazione di base di ciascuna figura.

L’obbiettivo generale è rappresentato dalla qualità delle cure mediante l’integrazione funzionale ed operativa di ogni settore del sistema dell’emergenza/urgenza sanitaria (centrali operative, mezzi di soccorso, punti di primo intervento, pronto soccorso ospedaliero, dipartimento di emergenza/urgenza di I° e II° livello). La formazione è lo strumento a disposizione di tutto il personale che opera nel sistema per favorirne l’integrazione.

Costituiscono obiettivi specifici delle presenti linee guida:

1        La definizione dei destinatari dei percorsi formativi;

2        La definizione di un livello di formazione di base specifica e la definizione di un livello di formazione permanente e aggiornamento;

3        L’inserimento della formazione del personale dell’emergenza-urgenza sul programma di Educazione continua in medicina (ecm), secondo quanto convenuto nell’accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 13 marzo 2002 (repertorio atti n°1667).

 

2. definizione dei percorsi formativi.

Di base è prevista una formazione specifica per tutti gli operatori che sono inseriti nel sistema d’emergenza-urgenza sanitaria, e una formazione permanente per il personale già operante nel sistema. Tale formazione è richiesta al personale sanitario degli enti e associazioni di volontariato eventualmente messo a disposizione per il servizio d’emergenza-urgenza nei termini e con le modalità fissate dalle singole Regioni.

 

2.1 Organizzazione dei corsi.

Per ogni corso sono documentati: i criteri d’ammissione, gli obiettivi d’apprendimento, il metodo, gli strumenti, la durata, il sistema di valutazione.

La formazione è espletata con alti rapporti docenti/discenti, avvalendosi di procedure didattiche interattive e sessioni pratiche.

I livelli di preparazione raggiunti sono valutati e registrati periodicamente.

I corsi comprendono:

1        Parte teorica;

2        Parte pratica;

3        Valutazione finale complessiva;

4        Certificazione.

I contenuti dei corsi devono rispettare quanto previsto nelle Linee guida Internazionali per l’emergenza sanitaria.

 

 

2.2 Destinatari.

Il personale operante nel sistema è riconducibile a:

a)      Medici;

b)      Infermieri;

c)      Soccorritori;

d)      Tecnici.

 

 

2.2.b Infermieri

Al fine di garantire una tempestiva, appropriata ed efficace risposta del sistema di emergenza-urgenza sanitaria, indipendentemente dal livello formativo già acquisito, si ritiene opportuno avviare programmi uniformi di formazione ed aggiornamento per gli infermieri operanti nel sistema, inclusi coloro che svolgono funzioni di coordinamento. I programmi dei corsi hanno lo scopo di raggiungere obiettivi clinico-assistenziali, organizzativi e relazionali, definiti e condivisi a livello regionale.

 

 

 

1) Livello di formazione di base specifica

Obbiettivi clinico-assistenziali;

1. gestione delle procedure di triage intra ed extraospedaliero;

2. sostegno di base ed avanzato delle funzioni vitali nell’età adulta e pediatrica;

3. supporto di base avanzato nella fase preospedalieri e ospedaliera del paziente traumatizzato nell’età adulta e pediatrica;

4. conoscenza dei percorsi assistenziali che garantiscono la continuità delle cure.

 

Obiettivi organizzativi;

1. conoscenza dell’organizzazione del Servizio sanitario nazionale e regionale;

2. conoscenza dell’organizzazione del sistema di emergenza urgenza e dei relativi protocolli;

3. conoscenza delle modalità complessive del trasporto sanitario della rete regionale dell’emergenza;

4. acquisizione delle capacità di predisporre e utilizzare i protocolli operativi organizzativi, assistenziali, ospedalieri e territoriali,

5. conoscenza e utilizzo dei sistemi di comunicazione e delle tecnologie in uso;

6. conoscenza degli aspetti medico-legali nell’urgenza ed emergenza;

7. conoscenza delle modalità di coordinamento con Enti istituzionali preposti all’emergenza non sanitaria;

8. conoscenza e utilizzo dei protocolli organizzativi e assistenziali, attivati nell’ambito di maxiemergenze, grandi eventi ed emergenze non convenzionali;

9. conoscenza dei sistemi di autoprotezione e sicurezza.

 

Obiettivi relazionali;

1.acquisizione delle capacità di relazione d’aiuto;

2.conoscenza e gestione del lavoro d’equipe;

3.gestione dello stress e dei conflitti;

4.acquisizione delle capacità di relazione nella comunicazione tra le diverse componenti della rete dell’emergenza.

 

      2) Livello di formazione permanente e aggiornamento.

Gli infermieri, inclusi quelli con funzione di coordinamento, operanti nel sistema dell’emergenza-urgenza, mantengono un livello di formazione permanente e un aggiornamento specifico per gli aspetti assistenziali, organizzativi e relazionali mediante appositi corsi.

Visti i contenuti delle suddette linee guida si può tranquillamente affermare che il personale sanitario operante nel sistema dell’emergenza/urgenza, vale a dire coloro che figurano nel punto 2.2 di codesto documento e specificatamente agli obbiettivi formativi prefissati per gli infermieri (presenti nel punto 2.2.b), è messo in condizioni di adeguare la   propria formazione, in relazione alle proprie competenze e conoscenze, in modo da essere collocati nella giusta dimensione della catena del soccorso intra ed extra ospedaliero assumendo inoltre un grado di responsabilità proporzionato al proprio ruolo e livello di competenza e d’autonomia gestionale nell’espletamento delle manovre assistenziali

                                                                    

                                                                                          

                                               CAPITOLO N°3.

 

 

 PROCEDURE OPERATIVE EXTRA-OSPEDALIERE “118”

 

3.1: procedure operative extra-ospedaliere del “Comitato Area Territoriale della Provincia di Brescia”.

Lo scopo di tali procedure è quello di uniformare gli interventi extra-ospedalieri sul territorio della Provincia di Brescia sulla scorta delle innovazioni della medicina di emergenza basata sulle linee guida e dei protocolli delle più autorevoli associazioni internazionali operanti nel settore (ILCOR 2000, IRC, PHTLS.) al fine di individuare e finalizzare correttamente il personale operante sul territorio (soccorritori di base, infermieri e medici) in base al proprio ruolo, livello di formazione, competenza ed esperienza, per ottimizzare qualitativamente gli interventi diagnostico terapeutici e clinico assistenziali nei confronti dei pazienti/utenti adulti e bambini affetti dalle principali patologie acute e traumatiche che si riscontrano più frequentemente in tale ambito. Ovviamente, nell’analisi di tali procedure l’ottica sarà quella di focalizzare principalmente la dimensione e il ruolo che l’infermiere acquisisce rispetto ai protocolli ad hoc previsti per fronteggiare alle emergenze extra-ospedaliere nel rispetto della legislazione nazionale che regolamenta l’attività e il profilo professionale della categoria, già precedentemente ed ampiamente illustrata, e nella tutela delle proprie competenze e responsabilità riguardo alla collaborazione con la figura medica nella gestione dei p.ti critici. Per una maggiore comprensione di tali procedure è utile fare riferimento al glossario indicante le principali parole chiave che sono indispensabili nell’interpretazione dei protocolli operativi, e i punti cardine su cui si articola l’elaborazione della tesi. Per ragioni di limitazioni strutturali dell’elaborato in termini di impaginazione e di sintesi, verrà, a titolo indicativo, riportato il protocollo inerente all’arresto cardiaco che risulta essere tra quelli più impegnativi da un punto di vista assistenziale e che richiede interventi altamente tecnico-procedurali ed inoltre è più confacente agli elementi di discussione del lavoro in merito. Inizialmente nelle procedure extra-ospedaliere sono definiti gli operatori coinvolti nelle emergenze territoriali in base alla propria qualifica, ruolo, competenza e responsabilità nel rispetto di quali procedure operative possono svolgere, vale a dire:

1        Gli autisti soccorritori (dipendenti dalle Aziende ospedaliere), i soccorritori-esecutori e i soccorritori-istruttori (volontari e dipendenti delle Associazioni/Enti di Volontariato) con certificazione regionale sono autorizzati ad eseguire le manovre di supporto vitale di base e mobilizzazione atraumatica (BLS).

2        Gli autisti soccorritori (dipendenti dalle Aziende ospedaliere), i soccorritori-esecutori e i soccorritori-istruttori (volontari e dipendenti delle Associazioni/Enti di Volontariato) con certificazione regionale e autorizzati alla defibrillazione (linee guida regionali sulla defibrillazione semi-automatica. 16 settembre 2002 n° 7/10306), possono eseguire le manovre di supporto vitale di base (BLS), mobilizzazione atraumatica e defibrillazione semiautomatica (BLS-AED)

3         Gli infermieri soccorritori verificati (dipendenti dalle Aziende ospedaliere) con certificazione regionale alla defibrillazione sono autorizzati ad eseguire le manovre di supporto vitale di base e mobilizzazione atraumatica, defibrillazione semi-automatica, incannulazione venosa, somministrazione di soluzioni saline e farmaci (NLS).

4        I medici (dipendenti dalle Aziende ospedaliere o convenzionati ASL) sono autorizzati ad effettuare il supporto vitale avanzato (ALS).

5        Gli operatori sopra descritti forniscono il trattamento appropriato in accordo con la loro formazione, esperienza e qualifica professionale. Queste linee guida rappresentano lo standard attuale e vanno applicate come suggerito dalle circostanze, disturbi e/o dalle condizioni presentate dal paziente, senza eccedere i limiti della propria formazione.

Queste procedure operative, si applicano solo ai soccorritori infermieri professionali dipendenti dalle Aziende ospedaliere dell’Area Territoriale Interdipartimentale della Provincia di Brescia. I protocolli di trattamento si orientano agli infermieri (NLS “nursing life support”) sul territorio e al medico coordinatore di C.O. SSUEm. Per il corretto utilizzo dei protocolli, sono state redatte delle disposizioni che aiutano l’operatore a adottare il comportamento più appropriato in relazione allo scenario operativo in cui opera (vedi glossario).

 Tali disposizioni sono codificate con i termini:

1        Disposizioni permanenti.

2        Disposizioni del momento e/o provvisorie.

3        Decisione discrezionale.

4        Comunicazione con la centrale operativa.

 

3.2.Protocollo per l’arresto cardiaco:

1) Iniziare le procedure di BLS.

1        Nell’arresto testimoniato, dare un pugno precordiale.

2) Richiedere assistenza “supporto vitale avanzato”.

3) Se presente personale autorizzato e un defibrillatore semi-automatico esterno, usarlo (linee guida regionali defibrillazione semiautomatica). (TABELLA I).

4) Trasportare.

5) se presente rimuovere cerotto con nitroglicerina e togliere strofinando la pasta rimanente.

6) Evitare il contatto della pasta con la vostra cute.

7) Collegare il defibrillatore semi-automatico al paziente.

8) Quando appare il messaggio “scarica non consigliata” eseguire la rianimazione cardiopolmonare (RCP) per tre minuti, poi riesaminare il polso, se assente, ripetere l’analisi del ritmo.

9) Se la prima analisi è “scarica consigliata” defibrillare e dopo tre scariche consecutive senza conversione, eseguire la (RCP) per un minuto, poi riesaminare il polso, se assente, ripetere l’analisi del ritmo.

10) Continuare il ciclo finché arriva l’assistenza “supporto vitale avanzato”, oppure dopo che il paziente è stato defibrillato, se appaiono due messaggi consecutivi “scarica non consigliata”, disconnettere l’apparecchio, continuare la RCP e trasportare.

Nota: possono essere praticate massimo sei defibrillazione o sei messaggi “scarica non consigliata”prima di trasportare il paziente, salvo che il trasporto sia rimandato o ritardato.

Se il trasporto è rimandato o ritardato continuare la R.C.P., analizzare e defibrillare quando indicato fino al momento del trasporto.

 

TABELLA I.

Linee guida “defibrillazione semiautomatica esterna”..  

 

 

 

 

 

                        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.3. quadro clinico dell’arresto cardiaco: evidenze e motivazioni scientifiche al trattamento.

L’arresto cardiocircolatorio costituisce un quadro clinico d’estrema emergenza operativa, provocato dalla grave compromissione, o dalla cessazione dell’attività di pompa meccanica del cuore. Da tale situazione, deriva l’impossibilità all’invio in circolo di una quantità sufficiente di sangue a garantire una corretta perfusione dei vari organi e, soprattutto del cervello, da ciò deriva un quadro sintomatologico e terapeutico che si fonda appunto su quest’ultima affermazione. Il quadro clinico si evidenzia quindi mediante la comparsa dei seguenti segni clinici:

2        Improvvisa perdita di coscienza, che si manifesta a distanza di 15-20 secondi dalla cessazione dell’attività contrattile del miocardio.

3        Scomparsa dei polsi arteriosi maggiori (carotideo e femorale).

4        Apnea o “gasping” che intervengono a 30-60 secondi dall’ ACC.

5        Cianosi cinerea o pallida.

6        Midriasi pupillare.(Gentilini 2003).

 

 

La verifica dello stato di coscienza assume un ruolo fondamentale, accanto alla valutazione delle condizioni respiratoria e cardiocircolatoria.

La valutazione dello stato di coscienza in ambito extra –ospedaliero si fonda sulla risposta degli stimoli di tipo verbale che doloroso che il soccorritore esegue al paziente colpito da ACC, inoltre si basa anche sulla valutazione delle pupille che come visto in precedenza nel paziente incosciente sono midriatiche, vale a dire indice di sofferenza cerebrale. Al fine di uniformare un linguaggio standard nell’intervento extra-ospedaliero, sulla base degli stimoli sopradetti, è stata realizzata una scala di valutazione per determinare lo stato di coscienza che risulta essere più immediata e comprensibile rispetto la sicuramente più completa scala di Glasgow, in altre parole la scala AVPU che verrà qua sotto riportata:

1        A= “allert”: apre gli occhi spontaneamente ed è consapevole dell’ambiente che lo circonda.

2        V= “verbal”: ha gli occhi chiusi, li apre su stimolo verbale e risponde alle domande.

3        P= “pain”: ha gli occhi chiusi e non li apre dopo stimolo verbale, si muove se stimolato con un pizzicotto.

4        U= “unresponse”: ha gli occhi chiusi e non li apre dopo stimolo verbale, non si muove se stimolato con un pizzicotto.

 La valutazione della situazione respiratoria, dovrà essere contemporanea a quella del circolo. In ambiente extra-ospedaliero, avviene mediante la metodica del BLS. Il soccorritore mediante una posizione china in prossimità del paziente contemporaneamente guarda i movimenti del torace, ascolta con l’orecchio l’eventuale presenza del respiro, ed infine sente sulla sua guancia, nel qual caso non fosse apprezzabile da un punto di vista uditivo, la presenza del suddetto respiro. Tale manovra è stata codificata con il termine GAS.

La valutazione della situazione cardiocircolatoria avviene mediante l’esame dei polsi arteriosi maggiori. In ambito extra-ospedaliero tal esame avviene tramite la valutazione del polso carotideo e/o femorale per almeno 10 secondi.

Dopo le opportune valutazioni, la compromissione delle funzioni fisiologiche quali appunto, lo stato di coscienza, l’arresto respiratorio e l’arresto circolatorio, determinano un intervento immediato al fine di ripristinare e/o mantenere tali funzioni vitali per proteggere in primo luogo la funzionalità cerebrale, sia per evitare il danneggiamento multi organo, ma soprattutto evitare l’esito infausto che in questi casi è molto probabile.

Il primo intervento è identificato con il nome RCP vale a dire rianimazione cardiopolmonare. Lo scopo di tale procedura è di:

1        Proteggere il cervello.

2        Ripristinare una valida attività sia cardiaca sia circolatoria.

3        Garantire il mantenimento delle funzioni vitali.

In ambito extra-ospedaliero, la RCP dovrà porsi l’obiettivo come fine ottimale, quello di consentire al paziente di giungere nelle migliori condizioni in ambiente attrezzato.

Le manovre destinate a tale scopo, costituiscono l’ABC della RCP e vanno eseguite immediatamente dopo aver fatto diagnosi di ACC e per tutto il tempo necessario considerando che bisogna:

1        A “airway”, assicurare la pervietà delle vie aeree.

2        B “breathing”, garantire la ventilazione.

3        C “circulation”, garantire la circolazione.

PERVIETÀ DELLE VIE AEREE (A): nei soggetti che vanno incontro a perdita di coscienza, il cedimento del tono muscolare comporta la caduta all’indietro della lingua, che scivola verso la parete posteriore del faringe, determinando un fenomeno di ostruzione delle prime vie aeree. In tal caso si dovrà procedere rapidamente alla disostruzione di queste secondo un procedimento definito di “tripla manovra”:

1        Estensione della testa.

2        Sublussazione della mandibola.

3        Apertura della bocca.

Tuttavia bisogna precisare che ove si sospetti un traumatismo della colonna cervicale, l’estensione della testa o l’eccessiva mobilizzazione del collo risultano controindicate, potendo provocare eventuali lesioni midollari. Naturalmente la condizione di pervietà delle vie aeree può essere realizzata e ottimizzata mediante l’utilizzo d’opportuni dispositivi a supporto del soccorritore in relazione alla propria formazione, competenza e certificazione. Sostanzialmente le tecniche strumentali di mantenimento della pervietà delle vie aeree si fondano sull’uso di:

1        Cannule oro-faringee.

2        Intubazione endotracheale.

3        Cricotiroidotomia d’urgenza.

4        Tracheotomia d’urgenza.

Tralasciando le ultime tre che prevedono la presenza in ambito extra-ospedaliero di personale medico specializzato, nonostante l’intubazione endotracheale sia sicuramente la tecnica più valida e sicura all’ottenimento della pervietà delle vi aeree, mi soffermerò sui presidi d’utilizzo consentiti dai protocolli all’infermiere nell’ambito di tale emergenza.

 

Cannula orofaringea:

L’uso della cannula orofaringea rappresenta la metodica più semplice per accedere in modo sicuro alle prime vie aeree. Inoltre essa consente sia l’aspirazione dei secreti oro-faringei, che la ventilazione manuale mediante l’utilizzo sinergico di questa e la maschera facciale raccordata ad un opportuno pallone autoestensibile (ambu).

Gli elementi a sfavore di questa metodica sono rappresentati dall’eventuale distensione gastrica e quindi rischio d’inalazione di materiale gastrico da parte del paziente, dovuta alla continua insufflazione del pallone ambu, poiché, la cannula in esame non garantisce una separazione netta delle vie aeree con quelle gastriche, come invece accade con l’intubazione endotracheale.

A tal proposito è doveroso menzionare un ulteriore valido dispositivo a supporto dell’infermiere preospedaliero in merito alla gestione delle vie aeree, le quali risultano essere indispensabili oltre al quadro d’intervento nell’ACC, in innumerevoli altri quadri patologici. Tale dispositivo è frutto dell’innovazione tecnologica in campo sanitario con particolare utilità e riferimento all’ambito extra-ospedaliero, e prende il nome di “tubo a doppio lume”.

 

Tubo a doppio lume “combitube”:

L’impiego di tale presidio è una valida alternativa all’intubazione endotracheale e quindi fornisce maggiori garanzie performanti rispetto la cannula orofaringea per le motivazioni prima dette. Sul campo il suo utilizzo è accettabile poiché solitamente non richiede un addestramento approfondito da parte del personale operante per ottenerne la padronanza. Il suo principale vantaggio, consiste nel fatto che può essere inserito indipendentemente dalla posizione del paziente (inserimento alla cieca), cosa che può essere particolarmente importante nei pazienti con trauma cranico o in ogni caso con elevato sospetto di lesione cervicale. Nell’inserimento dell’estremità distale, il presidio dovrebbe assestarsi da solo contro il retrofaringe appena dietro il palato duro. Dopo l’inserimento, per assicurarne l’ancoraggio, viene gonfiata, con una siringa grande contenente 100 ml di aria, la relativa cuffia faringea. Utilizzando una siringa piccola contenente 15 ml d’aria, viene gonfiata la cuffia distale assicurando l’ancoraggio del secondo lume (generalmente indicato con 2). Il soccorritore inizia la ventilazione attraverso il lume esofageo (solitamente indicato con 1). Se l’auscultazione dei suoni respiratori è positiva e l’insufflazione gastrica negativa, il soccorritore continua la ventilazione attraverso questo tubo. Se l’auscultazione dei suoni respiratori è negativa e l’insufflazione gastrica positiva, il soccorritore deve ventilare immediatamente attraverso il tubo più corto (n°2), dopodiché si effettua nuovamente l’auscultazione dei suoni respiratori dei rumori gastrici per confermare il corretto posizionamento del presidio. Successivamente il soccorritore continua a ventilare il paziente e s’inizia il trasporto, qualora fosse indicato, verso una struttura appropriata.

L’utilizzo dei tubi a doppio lume o esofago tracheali, chiaramente richiede che il paziente non abbia il riflesso del vomito. Se il paziente riacquista coscienza e comincia a tossire o a vomitare, il soccorritore deve immediatamente rimuovere il presidio. (Adducci 2003).

GARANTIRE LA VENTILAZIONE (B):

Come abbiamo visto il passaggio successivo alla sequenza A (airway), in pratica garantire la pervietà delle vie aeree mediante i presidi strumentali sopra indicati, è la B (breathing), garantire la ventilazione. Chiaramente tale passaggio è stato scorporato a scopo puramente didattico per meglio comprendere e fissare in mente i singoli passaggi del BLS, poiché come si può dedurre, tali “step” sono eseguiti in rapida sequenza e in maniera continuata, tant’è che le manovre atte a garantire la ventilazione sono state implicitamente riportate nel passaggio precedente.

GARANTIRE LA CIRCOLAZIONE (C):

Le considerazioni relative alla suddivisione schematica dei vari passaggi del BLS, valgono anche per quest’operazione.

Il passaggio ultimo del BLS di base è finalizzato a garantire e/o ripristinare la circolazione sanguigna, (C “circulation”).

Tale manovra, ripeto, è solitamente realizzata contemporaneamente alla ventilazione artificiale e si fonda sull’esecuzione del massaggio cardiaco esterno (MCE). (Gentilini 2003).

Il MCE deve essere rapidamente iniziato e, la manovra non deve essere mai interrotta se non per tempi inferiori a 15 secondi (ad esempio per intubare il paziente o sottoporlo a defibrillazione elettrica). L’indicazione ad interrompere l’MCE secondo protocollo è in caso di:

 

1        Ripristino della circolazione spontanea.

2        Le manovre di rianimazione sono trasferite ad un soccorritore di pari capacità e competenza, o superiori.

3        La squadra di soccorso è talmente esausta al punto da non essere in grado di continuare le manovre di rianimazione.

 

Tuttavia le manovre dell’MCE non vanno incominciate in caso di:

 

1        Incenerimento

2        Decomposizione

3        Ferite mortali evidenti (decapitazione)

4        Rigor mortis e macchie ipostatiche

5        Ordine medico di non rianimare (accanimento terapeutico). (Procedure operative extra-ospedaliere del Comitato area territoriale interdipartimentale della provincia di Brescia).

 

La validità delle compressioni toraciche, in ambito extra-ospedaliero, in termine di ripristino della circolazione corporea, deve essere verificata valutando la ricomparsa o meno dei posi arteriosi maggiori. Inoltre la validità della RCP, può osservarsi mediante la ripresa delle funzioni vitali e la regressione dei segni precedentemente descritti e che giustificano la diagnosi d’ACC.

Pertanto si avrà:

 

1        Regressione della midriasi verso quindi alla miosi

2        La presenza del riflesso fotomotore

3        La presenza del riflesso corneale

4        Rinvenimento del tono muscolare

5        La comparsa di eventuali tentativi di respirazione spontanea

6        Ricomparsa dei polsi arteriosi

7        Miglioramento del colorito cutaneo (regressione o scomparsa della cianosi). (Gentilini 2003).

 

Qualora invece le manovre della RCP non sortissero l’effetto sperato, il trattamento dell’ACC necessita di un livello superiore d’intervento che consiste nell’esecuzione della defibrillazione elettrica. In ambito extra-ospedaliero l’infermiere può, se opportunamente formato e certificato, avvalersi di uno strumento altamente tecnologico quanto indispensabile nell’espletamento di tale manovra, vale a dire il defibrillatore semiautomatico. Com’è stato evidenziato dal protocollo sopra riportato, la defibrillazione semiautomatica compete all’unità di soccorso (NLS) che è autorizzata con codifica (BLS-AED). Bisogna ricordare che tale certificazione è allargata oltre che agli infermieri dipendenti dalle Aziende Ospedaliere, opportunamente verificati, anche ai soccorritori volontari dipendenti delle Associazioni/Enti di volontariato, conformalmente a quanto previsto dalle Linee guida regionali sulla defibrillazione semiautomatica (delibera Giunta regionale 16 settembre 2002 n° 7/10306).

L’uso del defibrillatore ha rivoluzionato totalmente la prognosi dell’ACC da FV e/o TV, aritmie che in assenza d’intervento terapeutico si concludono, nella massima parte dei casi, nella morte del paziente. Il defibrillatore dopo che è stato connesso al paziente ed opportunamente acceso, effettua un’analisi autonoma dell’attività cardiaca in quel momento, rilevando e diagnosticando la presenza o meno della FV o TV, estromettendo l’infermiere dalla scomoda posizione di effettuare diagnosi medica che non gli compete, e consequenzialmente, mediante un messaggio vocale, consiglierà o no l’attuazione della scarica elettrica. L’infermiere sulla scorta di tali informazioni, si comporterà di conseguenza, secondo un algoritmo ben preciso, mediante una semplice operazione che consiste nel premere o meno un pulsante che avvia la scarica elettrica. La comunicazione alla C.O. da parte dell’infermiere che sta trattando un ACC, si fonderà su dei dati certi e sicuri dettati dal defibrillatore. Le evidenze scientifiche in merito allo studio condotto sulla defibrillazione semiautomatica, da parte dell’European Resuscitation Council (ERC 1998) e (Ilcor 2000), affermano che il numero di scariche utili ad un’efficace cardioversione in situazioni di FV/TV è di n°3. Tuttavia secondo le raccomandazioni delle linee guida per la defibrillazione semiautomatica, delle procedure operative extra-ospedaliere del Comitato area territoriale interdipartimentale della Provincia di Brescia, il numero massimo di scariche non deve superare le sei, prima di trasportare il paziente, salvo che il trasporto sia rimandato o ritardato.

Ad un livello più alto d’intervento, qualora persista la presenza di FV/TV resistente alle prime tre scariche, secondo l’algoritmo Ilcor 2000 (TABELLA II), può essere presa in considerazione l’eventuale somministrazione di farmaci cardiocinetici come l’adrenalina o vasopressina, con lo scopo di aumentare l’eccitabilità cardiaca e quindi determinare una maggiore sensibilità alle scariche del defibrillatore (effetto batmotropo positivo). Tale procedura è da considerarsi ad appannaggio dell’unità di soccorso avanzato (ALS), che nel protocollo da me esaminato s’identifica nella figura medica (dipendente o convenzionata alle ASL).

L’indicazione successiva è quella di trasportare.

TABELLA II.

 Algoritmo universale ILCOR 2000.

Il presente algoritmo è uno strumento mnemonico che aiuta a ricordare i passi fondamentali della rianimazione cardiopolmonare, è rivolto ai sanitari delle unità di soccorso avanzato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                               

                                               

 

 

CAPITOLO N° 4.

 

 RISULTATI:

 

4.1: analisi interpretative;

 

Secondo l’analisi che ho effettuato sulle principali fonti legislative che disciplinano la professione infermieristica in Italia, che consequenzialmente ne definisce il ruolo in generale, e in particolar modo nel settore dell’emergenza/urgenza, esistono delle incongruenze tra la legislazione in merito e la realtà pratica nell’esercizio delle attività assistenziali relative alla collaborazione con la figura medica rispetto l’interpretazione dei protocolli operativi indispensabili per l’espletamento delle suddette attività. La problematica è emersa soprattutto in seguito al tirocinio che ho svolto presso il DEA di Chiari durante i continui colloqui con i futuri colleghi che operano nell’ambito dell’emergenza extra-ospedaliera. In tema di prestazioni infermieristiche, erano espresse continue perplessità interpretative rispetto la legislazione che, a loro detta, non tutela totalmente la professione in termini di autonomia e responsabilità nel proprio agire professionale. Da queste considerazioni è scaturito il mio interesse nell’eseguire uno studio in merito. Alla luce soprattutto dell’evoluzione del ruolo e della figura infermieristica in termini legislativi, in altre parole dall’emanazione del DM 739/94 istitutivo del profilo professionale dell’infermiere, è emerso un grado di responsabilità e autonomia diretta rispetto l’assistenza generale infermieristica, scalzando il vecchio D.P.R. n°225 del 14 marzo 1974 che disciplinava il mansionario, consistente in una serie d’attribuzioni cui l’infermiere doveva eseguire previa prescrizione medica, che relegava la professione in un’arte meramente esecutiva ed ausiliaria. Consapevoli di aver apportato una svolta decisiva rispetto al ruolo infermieristico, permanevano lo stesso dei dubbi interpretativi poiché in ogni modo, dal punto di vista gerarchico delle fonti del diritto il D.M. è inferiore rispetto il D.P.R., pertanto, bisognava in questo caso, dal punto di vista legale sottostare alle regole del mansionario, oppure si potevano erogare autonomamente le prestazioni infermieristiche? A questo dilemma, ha posto fine dopo alcuni anni d’incertezza, l’emanazione da parte del legislatore della legge n°42./26 febbraio 1999 pubblicata sulla G.U. n°50 del 2 marzo 1999 che definitivamente ha abrogato il mansionario e ha sostituito la denominazione “professione sanitaria ausiliaria” in “professione sanitaria”. Successivamente un’altra legge, più precisamente la n°251 del 10 agosto 2000 recante “disposizioni in materia di professioni sanitarie”, ha aggiunto un ulteriore tassello in termini di valorizzazione della professione infermieristica ridefinendo e potenziando il ruolo della categoria sia dal punto di vista della formazione (art.5.1 “formazione universitaria”) che dal punto di vista delle competenze e dell’avanzamento professionale (art.6.2 “definizione delle professioni e dei relativi livelli d’inquadramento”) rispondendo inoltre, mediante l’obbiettivo di elevare la qualità delle prestazioni in ambito organizzativo che clinico/assistenziale della categoria, all’esigenza odierna dell’utenza, che pone estrema attenzione al tema salute, in termini d’alta professionalità e di conseguenza alta competitività soprattutto nell’attuale ottica d’aziendalizzazione del S.S.N. (decreto legislativo n°502 del 30 dicembre 1992 “riordino della disciplina in materia sanitaria”), dove le leggi del “mercato” spingono oggi inevitabilmente sia le aziende ospedaliere sia le aziende sanitarie locali ad ottenere i maggiori consensi possibili da parte dei clienti/pazienti sottoforma d’accessi ospedalieri affinché i bilanci aziendali risultino conformi al buon funzionamento delle stesse, apportando quindi beneficio al rafforzamento dello status professionale della categoria e alla suddetta utenza rispetto la qualità assistenziale. Riassumendo l’excursus legislativo appena menzionato, si evince che l’infermiere oggi riveste un ruolo molto importante, avendo assunto notevole autonomia, responsabilità, e competenza, corredate da una buona formazione, nel proprio settore professionale. Invece nell’ambito della legislazione che disciplina l’attività dell’infermiere nel contesto dell’urgenza/emergenza, non vi è stato tuttora un aggiornamento sostanziale che vada incontro la risoluzione di alcune zone oscure passibili di erronee interpretazioni che possono mettere in difficoltà l’infermiere, rispetto il proprio agire professionale, ed esporlo ad implicazioni legali. Con particolare riferimento alle prestazioni infermieristiche in ambito extra-ospedaliero l’art.10 del D.P.R 27 marzo 1992 “atto d’indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza” dispone che “il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio d’emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”. Tale disposizione come già detto in precedenza, discendeva per sopperire quanto previsto dal D.P.R 225/74 sulle mansioni degli infermieri professionali che limitava la possibilità a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi nell’ambito di organizzazioni ospedaliere o cliniche universitarie sotto indicazione specifica del medico responsabile del reparto. Tuttavia com’è stato appurato, il problema è stato ormai superato con l’emanazione della legge n°42 del 26 febbraio 1999, dal D.M. 739/94, dagli ordinamenti didattici, nonché dallo specifico codice deontologico. Nel 1996 lo Stato emana un documento recante l’atto d’intesa tra Stato e Regioni d’approvazione delle linee guida sul sistema d’emergenza sanitaria in applicazione del D.P.R. 27 marzo 1992 dove è specificato che al personale infermieristico è attribuita responsabilità nell’ambito dei protocolli sia di centrale operativa sia quelli messi a disposizione dal medico responsabile del reparto d’emergenza/urgenza, e che questi inoltre devono utilizzare codifiche e terminologie standard non suscettibili d’ambiguità interpretative e devono essere sottoposti a periodica valutazione e revisione. Contestualmente nelle situazioni critiche, gli infermieri, consultano il medico assegnato alla centrale operativa e gli forniscono gli elementi necessari ad assumere le decisioni negli interventi complessi. Da ciò emerge che l’infermiere nell’espletamento delle proprie attività in ambito extra-ospedaliero assume assoluta responsabilità rispetto i protocolli operativi, che sono quindi d’indispensabile importanza, e che egli agisce in collaborazione nelle situazioni critiche con la figura medica. Occorre ricordare però che ogni disposizione deve essere sempre correlata, nel caso specifico, al contesto legislativo determinante la sfera di competenza dell’infermiere che si deriva dalle leggi sopradette dalle quali si evince che il rapporto tra l’infermiere e il medico è di collaborazione, restando a carico del secondo la diagnosi e la terapia.

 

Di conseguenza le presenti linee guida devono comunque ricevere interpretazione nel contesto delle leggi vigenti. A tal proposito, infatti, va fatto presente che la loro qualificazione giuridica non le permette di assumere una forza normativa superiore alle ripetute leggi formali, cosicché qualunque eventuale incompatibilità delle linee guida con le dette leggi, darebbe luogo ad implicazioni legali, poiché perderebbero di qualsiasi validità ed efficacia in ragione del principio che la fonte normativa avente forza inferiore non può trovare applicazione in contrasto con le leggi superiori. Analizzando riflessivamente le parole chiave della legislazione appena documentata, sorgono alcuni dubbi interpretativi in merito. In riferimento ai protocolli, il legislatore mediante l’emanazione del D.P.R. 27 marzo 1992, si è rifatto al modello che gli studiosi hanno classificato “standard orders protocol system” che prevede dei protocolli di comportamento senza essere generalmente in contatto via radio. Questi quindi possono essere tranquillamente definiti protocolli a valenza diagnostico-terapeutica. Se fossero soltanto a valenza terapeutica, nulla quaestio poiché l’infermiere secondo il proprio profilo professionale risponde in termini di responsabilità “della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche” definendo tale situazione nell’area dei “ problemi collaborativi”, dove, in questo caso, l’infermiere collabora con il medico nell’iniziazione del trattamento focalizzando il proprio intervento sulla rilevazione e monitoraggio dei parametri vitali. Identifica i problemi, ma deve riferirli al medico poiché non è né formato ne qualificato a formulare l’esatta diagnosi che rimane di pertinenza medica. Tuttavia invece, secondo i protocolli sopradetti e cioè a valenza diagnostico terapeutica l’infermiere può avere istruzione permanente (disposizioni permanenti) dal medico o dall’istituzione per iniziare degli studi diagnostici (per esempio nel caso della valutazione del paziente secondo il metodo BLS “airway, breathing, circulation, ”nell’analisi mediante il defibrillatore semiautomatico nell’arresto cardiaco ecc.) o iniziare interventi di trattamento per dei problemi senza uno specifico ordine medico. L’infermiere quindi si assume in talune situazioni l’intera gestione assistenziale del caso applicando il protocollo nella sua parte terapeutica laddove preliminariamente individui le condizioni diagnostiche che ne stanno alla base. In questo caso l’infermiere si comporta in realtà come un medico che agisce in base a protocolli, con tutte le responsabilità che ha il medico in questi casi con particolare riferimento all’errore di diagnosi. (Benci 2002). Inoltre si verrebbero ad aggiungere le responsabilità riguardo all’esercizio abusivo della professione medica (art. 348 del c.p.), le responsabilità per colpa, e più specificatamente, per imperizia (caratterizzata da un’insufficiente preparazione e capacità che in realtà un soggetto dovrebbe avere) in pratica una sorta d’incapacità professionale e per imprudenza (caratterizzata da un comportamento avventato di un soggetto che, nonostante il pericolo o un’alta probabilità che il suo comportamento produca un evento dannoso, agisca lo stesso). In campo sanitario l’imprudenza può assumere aspetti simili a quelli dell’imperizia, poiché l’imprudenza stessa può derivare da imperizia, ossia da mancanza di conoscenze specifiche e preparazione professionale. (Benci 2002). Tuttavia il codice penale prevede in determinate circostanze, un esimento, vale a dire causa oggettiva di esclusione di reato, e cioè l’art. 54 del c.p. “stato di necessità” che recita:

“non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne altrimenti inevitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”. (Benci 2002). In ogni caso non è giustificabile un comportamento errato da parte del soggetto, nel caso specifico dell’infermiere in ambito extra-ospedaliero, rispetto le proprie competenze e autonomia nelle manovre assistenziali, poiché altrimenti ne risponderebbe secondo il profilo d’irregolarità professionale secondo i predetti canoni. Una considerazione a parte merita la prestazione infermieristica in relazione all’uso del defibrillatore semiautomatico in ambito extra-ospedaliero, infatti, nella gestione del paziente cui necessita l’applicazione, previa l’analisi da parte dell’infermiere della presenza di segni e sintomi che ne giustifichino l’utilizzo (assenza della respirazione spontanea, assenza della circolazione sanguigna e successiva rianimazione cardio polmonare secondo uno specifico algoritmo universale) la diagnosi medica è effettuata dal defibrillatore semiautomatico, poiché è in grado di analizzare l’attività cardiaca e stabilire con massima precisione se il paziente è in TV, o FV, o in asistolia, stabilendo inoltre se e quando il ritmo sia defibrillabile. L’infermiere, opportunamente formato, successivamente alle informazioni riportate dal defibrillatore agisce di conseguenza rispetto al protocollo prestabilito.

Analizzando il protocollo sulla gestione extra-ospedalera dell’arresto cardiaco, si evidenzia che può essere gestito a più livelli in relazione al ruolo, alla competenza alla formazione e con grado differente di responsabilità per gli operatori che vi si approcciano. Con riferimento alla gestione del caso da parte dell’infermiere, le linee guida del Comitato Area Interdipartimentale della Provincia di Brescia, identifica questo con il codice NLS e dispone che: “L’infermiere soccorritore verificato (dipendente dalle Aziende Ospedaliere) con certificazione regionale alla defibrillazione è autorizzato ad eseguire le manovre di BLS-AED, mobilizzazione atraumatica, incannulazione venosa, e somministrazione di soluzioni saline e farmaci”. In conformità a quest’ultimo aspetto della prestazione infermieristica, le norme generali di comportamento delle suddette linee guida, prevedono che l’infermiere agisca in base a delle disposizioni permanenti e disposizioni provvisorie, (vedi glossario) e specifica che l’infermiere soccorritore somministra farmaci solo se prescritti dal medico di C.O. o in base alle linee guida specifiche dettate dal responsabile del SSUEm. (ambito collaborativo). Inoltre l’infermiere sul campo e il medico di C.O., possono collaborare mediante una disposizione codificata col termine decisione discrezionale in tutti quei casi in cui il paziente, non sia inquadrabile in una formula rigida di quadro patologico o non esistano dei protocolli in merito.(vedi glossario). In questo caso l’infermiere inizierà la terapia più appropriata a lui competente(BLS-AED, incannulazione venosa e/o trasporto)in base alle disposizioni permanenti, e prenderà contatto con il medico di C.O. per differenziare i problemi clinici più urgenti e definire il trattamento più indicato. Il medico sulla scorta dei parametri indicati dall’infermiere indicherà il trattamento più appropriato nei limiti della competenza dell’infermiere.

Relativamente più completa e chiara sembra essere invece la disposizione provvisoria, poiché questa, prevede sempre il contatto e la collaborazione da parte dell’infermiere con il medico di C.O., ma, in merito alla conferma o no di questa, che è già stata codificata nei protocolli come opzioni.

Nel protocollo per l’arresto cardiaco, le disposizioni permanenti, in relazione alla competenza infermieristica sul campo (NLS), prevedono che al paziente che risponda a determinati segni clinici, siano praticate le manovre di supporto vitale di base (BLS), successivamente l’infermiere, che in questo caso non è autorizzato ad eseguire manovre di supporto vitale avanzato, deve prendere contatto con la C.O. per chiedere l’intervento ALS., che secondo tali linee guida corrisponde ad un medico.Indipendentemente dal fatto che il supporto avanzato sia disponibile o no, l’infermiere deve proseguire nell’applicazione del protocollo che, come “step” successivo, prevede l’utilizzo del defibrillatore semiautomatico. Come visto in precedenza, l’utilizzo di questo presidio, aiuta in maniera importante l’infermiere nella gestione del caso sia in termini operativi sia in termini di tutela nel proprio agire professionale, apportando, non per ultimi, enormi benefici rispetto all’efficacia e ai risultati finali cui è preposto ai pazienti. L’utilizzo secondo protocollo prevede che il paziente sia defibrillato per tre volte, qualora non riappaiono ritmi sinusali e segni clinici di ripristino di circolazione sanguigna autonoma. Se il polso è assente, l’infermiere continua la RCP per un minuto, rivaluta il polso, rianalizza il ritmo mediante il defibrillatore e, se questo consiglia la scarica, si comporta di conseguenza, scaricando per ulteriori tre volte se necessario. Dopo un’ulteriore rivalutazione del polso, se è assente l’infermiere deve iniziare le procedure di trasporto.

 In questo caso l’infermiere, si assume la gestione autonoma e totale del paziente con elevato grado di responsabilità e con tutte le implicazioni in merito.

Qualora il supporto avanzato non sia disponibile, essendo che le evidenze scientifiche affermano che la protezione cerebrale e il ripristino tempestivo delle funzioni vitali compromesse è di fondamentale importanza nel trattamento dell’ACC, al fine di ottimizzare le cure successive in ambiente attrezzato e, ottenere migliori risultati in termini d’integrità fisica del paziente, possono essere considerate le disposizioni provvisorie.

Secondo l’algoritmo universale dell’ILCR 2000, nel caso specifico, possono essere infusi farmaci I.V., per FV/TV persistente e resistenti alla cardioversione elettrica con defibrillatore semiautomatico, nella fattispecie adrenalina e/o vasopressina per aumentare la soglia d’eccitabilità cardiaca. In questa situazione l’infermiere, in autonomia secondo le proprie competenze, reperisce un accesso venoso di grosso calibro e prende contatto con il medico di C.O. per ricevere disposizioni in merito all’applicazione delle opzioni farmacologiche previste dal protocollo, rispondendo in termini di responsabilità solo della corretta applicazione delle prescrizioni terapeutiche. È d’obbligo comunque ricordare che l’algoritmo universale dell’ILCOR 2000, secondo queste linee guida, è uno strumento mnemonico per i soccorritori ALS, che come ricordo è ad appannaggio di un medico e non è prevista nessuna figura infermieristica di supporto.

L’eziologia dell’ACC è imputabile a diverse cause che per prime compromettono le funzioni fisiologiche dell’organismo e solo successivamente, se non trattate adeguatamente, possono evolvere in ACC appunto. Se queste cause d’origine cardiaca o extracardiaca si presentano ad un paziente, e non sono quindi inquadrabili in un protocollo prestabilito, il quadro clinico risulta incerto e necessita di competenze mediche ed indagini approfondite per determinare l’esatta diagnosi patologica, competenze che l’infermiere non ha. Oltretutto non essendoci lo strumento base, che è il protocollo, a suo supporto l’autonomia operativa è bassa, e paradossalmente, il risultato e la responsabilità della gestione del caso, è determinata, ed enormemente influenzata, dall’esatta comunicazione dei parametri alterati che il paziente presenta da parte dell’infermiere al medico di C.O. Questa situazione sembra rientrare, secondo le linee guida in esame, nelle norme generali codificate con il nome di “decisione discrezionale”precedentemente descritte.

Le procedure extra-ospedaliere cui ho fatto riferimento, in merito alla tipologia distribuzione e modalità d’impiego dei mezzi di soccorso pubblicata sul “bollettino ufficiale della Regione Lombardia 1° suppl. straordinario al n. 47-23 novembre 1999” e relativa ai mezzi di soccorso avanzato, si sono rifatte al punto inerente all’impiego di un medico esperto dipendente S.S.R., adottando quindi il modello “on line” (vedi glossario), pertanto l’uso di norme codificate come, disposizioni permanenti, disposizioni provvisorie, decisione discrezionale, non avendo sempre nella realtà pratica dell’emergenza il “medico on scene” (vedi glossario), sicuramente più costoso, servono a mettere a disposizione dell’infermiere soccorritore protocolli operativi più adatti a sopperire quelle zone d’ombra determinate dall’inadeguatezza normativa rispetto al ruolo e al profilo professionale dell’infermiere rispetto le attuali elevate richieste in termini di abilità tecnico-procedurali in un contesto dove la bassa prevedibilità del caso e le condizioni precarie d’intervento sono la norma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                CONCLUSIONI:

 

Il ruolo dell’infermiere nelle emergenze extra-ospedaliere, e in particolar modo nel contesto delle prestazioni infermieristiche in ambito collaborativo con la figura medica, è sicuramente di primo piano soprattutto rispetto l’evoluzione esponenziale in termini legislativi sul piano della competenza, responsabilità, e dell’autonomia nel proprio campo professionale. Inoltre il nuovo ciclo di sudi di carattere universitario, aumenta il bagaglio di conoscenze in riferimento alla gestione clinico assistenziale generale con la laurea di base, e, si auspica completi con i successivi corsi di laurea specialistica post-base, la formazione specifica nell’ambito dell’area prescelta dal professionista secondo i profili determinati dal DM 739/94, tra cui è appunto inserito l’infermiere di area critica. Inoltre la formazione continua e permanente è una condizione indispensabile per l’infermiere ai fini di erogare prestazioni qualitativamente elevate. Il grado di competenza che egli acquisisce mediante la formazione, segue di pari grado il livello d’autonomia ma soprattutto di responsabilità nel proprio agire professionale. Partendo dalle parole chiave che caratterizzano il ruolo infermieristico in generale, vale a dire competenza, formazione, responsabilità, si appura che assumono una diversa valenza nell’ambiente dell’emergenza extra-ospedaliera. Ciò è determinato dal fatto che l’evoluzione esponenziale in termini legislativi prima menzionata, non ha seguito di pari livello la figura dell’infermiere nell’ambito extraospedaliero, infatti, tutte le competenze a lui attribuite, sono riconducibili all’art.10 del “vecchio” D.P.R. 27 marzo 1992, pertanto nonostante gli innumerevoli sforzi dei medici responsabili dei reparti di emergenza/urgenza, di redarre linee guida e protocolli il più conformi possibili al ruolo e profilo professionale dell’infermiere, espresso dal corredo legislativo DM 739/94, legge n°42. 26 febbraio 1999, legge n° 251. 10 agosto 2000, ancora permangono zone d’ombra, descritte in tutta la loro interezza nel paragrafo inerente alle analisi interpretative, in merito alle competenze e responsabilità che l’infermiere in taluni casi nella realtà pratica del proprio esercizio professionale si trova ad affrontare rispetto all’ambito collaborativo con la figura medica. A termine di questa considerazione, è d’obbligo quindi precisare che le sopradette linee guida e protocolli, devono trovare accoglimento, rispetto le leggi aventi forza normativa superiore. L’evoluzione del sistema dell’emergenza/urgenza in termini qualitativi inoltre, richiede al personale operante in questo contesto, ivi inclusi gli infermieri, abilità tecnico procedurali sempre maggiori, e soprattutto nell’ambito extraospedaliero, dove le condizioni operative prevedono alta criticità del caso e bassa prevedibilità dell’evento, non avendo sempre a disposizione il medico sul campo a supporto dell’infermiere per ragioni organizzative e/o economiche, risulta essere ancora più alto, è quindi evidente l’elevato livello di competenze e il grado di responsabilità che investe l’infermiere in questa situazione. Inoltre proprio secondo le condizioni organizzative ed economiche delle realtà regionali che recepiscono le linee guida generali dello Stato, queste dispongono a loro volta ulteriori linee guida, dimensionate alle proprie risorse e alle proprie esigenze operative in termini di corsi d’aggiornamento per il personale operante e relative certificazioni. Questa condizione ulteriormente evidenzia che l’operatività dell’infermiere è strettamente legata ai protocolli operativi messi a disposizione dal medico responsabile, pertanto nel qualcaso un infermiere d’emergenza si trovi ad operare in un ambiente diverso da quello in cui è stato certificato, potrebbe non trovare accoglimento in termini di riconoscimento delle certificazioni ottenute, trovandosi quindi in evidente difficoltà nell’espletamento delle proprie funzioni, riperquotendosi, tale condizione, in un abbassamento della qualità assistenziale in servizio dell’utenza. A fronte di questo scenario, in attesa di un appropriato adeguamento normativo, le soluzioni atte a ricucire lo “strappo” derivante dall’incongruenza tra norma e realtà pratica, devono, a mio avviso, essere rivolte ad un’intensificazione delle ricerche verso lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate a supporto dell’infermiere nella gestione dei casi complessi, come lo è ad esempio il defibrillatore semiautomatico nella gestione del paziente colpito da arresto cardiocircolatorio, o il tubo esofago- tracheale (tubo a doppio lume) nella gestione alternativa alla cannula orofaringea nel trattamento atto a garantire la pervietà delle vie aeree negli innumerevoli casi cui tale condizione è di fondamentale importanza nell’ottimale proseguo delle procedure protocollate atte a ripristinare e/o mantenere le funzioni vitali compromesse. Un altro strumento che potrebbe essere messo a disposizione dell’infermiere per guidarlo nel proprio esercizio professionale nell’ambito delle emergenze extra-ospedaliere rispetto alle innumerevoli richieste di prestazioni, ed in merito alla leicità sul poterle eseguire o meno, è una griglia metodologica orientativa sulla quale l’infermiere in base alle risposte, positive o no che egli esprime, può orientarsi sul più appropriato comportamento professionale nelle varie situazioni che gli si presentano. Tale tabella a titolo esaustivo è riportata qui sotto. (TABELLA III). N.B.: affinché le prestazioni si possano ritenere lecite tutte le risposte della griglia devono essere affermative.

TABELLA III.

Griglia metodologica -orientativa.

 

QUALIFICA:

1.      L’infermiere è stato formato?

-Art.5 Legge n° 251 10/8/2000: (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonchè della professione ostetrica.)

- Art. 3.3 D.M. n° 509 3/11/1999: (Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei).

-Repertorio Atti n° 1711. 22/5/2003. Conferenza Stato-Regioni. (linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema emergenza/urenza.)

                           SI.                                                         NO.

 

COMPETENZA:

1.      l’infermiere è competente?

-Art. 10. D.P.R. 27/3/1992: (Prestazioni personale infermieristico in ambito extra-ospedaliero.)

-Art. 1.3., 3.1. D.M. n° 739. 16/9/1994: (Profilo autonomo dell’infermiere.)

-Art. 1.1, 1.2. Legge n° 42. 26/2/1999: (disposizioni in materia di professioni sanitarie.)

-Art. 3.1., 3.2., 3.3. Codice deontologico dell’infermiere: (Norme generali.)

                          SI.                                                        NO.

 

ESPERIENZA:

1.      l’infermiere ha esperienza?

-Art. 3.1., 3.2., 3.3. Codice deontologico dell’infermiere: (Norme generali.)

                           SI.                                                        NO.

 

TECNICA:

1.      Il contesto  organizzativo lo prevede?

-Procedure operative extra-ospedaliere, protocolli operativi delle C.O., protocolli operativi messi a disposizione dal responsabile del reparto, linee guida, algoritmi ecc.

2.      L’azione è stata protocollata?

-Disposizioni permanenti, disposizioni provvisorie, decisione discrezionale, comunicazione con la C.O. ecc.

                           SI.                                                        NO.

 

GLOSSARIO:

Formazione: s’ intende la preparazione giudicata necessaria per far parte di una professione, composta, da una parte teorica di tipo intellettuale, che da una pratica. Ciò per la professione infermieristica è previsto dall’iter formativo di tipo universitario, previsto dal decreto n°509 del3/11/1999 “regolamento recante le norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei” individuato all’art. 5.1. “formazione Universitaria”, (R.F.Craven. 2004). Per quanto concerne la formazione specifica e continua nel settore dell’emergenza, ci si rifà alle “Linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema Emergenza/Urgenza” che ogni Regione recepisce e attua in base alle proprie risorse economiche, organizzative e strutturali.

Autonomia: è il campo proprio d’attività dove il professionista decide e agisce di conseguenza secondo le proprie conoscenze, competenze e responsabilità. Nel caso specifico dell’infermiere, egli agisce nel rispetto del proprio profilo professionale “D.M. 739/94, della legge n° 42 del 26 Febbraio del 1999, e del proprio codice deontologico”. Nell’ambiente dell’emergenza extra-ospedaliera, l’infermiere opera in base al D.P.R. del 27 Marzo 1992 e specificatamente a ciò che ne dispone l’art.10.

Competenza: è un requisito intrinseco ed indispensabile dell’infermiere che segue in parallelo il livello di conoscenza acquisito mediante la propria formazione di base e continua come previsto dal codice deontologico che all’art. 3.1 detta; l’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua competenza.

      Art. 3.2: l’infermiere assume responsabilità in base al livello di competenza raggiunto e ricorre, se necessario all’intervento e alla consulenza d’esperti.

      Art.3.3: l’infermiere riconosce i limiti delle proprie conoscenze e competenze e declina la responsabilità quando ritenga di non poter agire con sicurezza. Ha il diritto ed il dovere di richiedere formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza; ……. ( codice deontologico dell’infermiere del febbraio 1999).

Responsabilità: come già affermato, l’infermiere secondo il proprio profilo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica, vale a dire che egli come professionista risponde del proprio operato nell’ambito dell’assistenza infermieristica e più specificatamente nell’erogazione delle prestazioni infermieristiche.

Egli inoltre assume un grado di responsabilità proporzionato al livello di competenza acquisito come previsto inoltre dal predetto art 3.2 del codice deontologico. È utile precisare che l’infermiere assume responsabilità totale sul risultato delle prestazioni infermieristiche autonome, mentre assume responsabilità limitata sulle prestazioni infermieristiche ad autonomia limitata secondo gli ambiti in cui opera.

Prestazioni infermieristiche: sono l’insieme d’azioni infermieristiche atte a rispondere ad un bisogno specifico manifestatosi in un cittadino malato. Esse possono ricondursi al “modello delle prestazioni infermieristiche” di Marisa Cantarelli che centra la sua attenzione sul destinatario dell’assistenza infermieristica, in particolare tale rappresentazione esprime la dinamicità della relazione che si stabilisce tra individuo e infermiere: il primo esprime i bisogni che specificatamente richiedono un intervento infermieristico, il secondo declina tale bisogno in una specifica prestazione, erogando azioni compensatorie d’assistenza (Manzoni 2001). Il sistema totalmente compensatorio, viene utilizzato quando il p.te non può o non deve compiere temporaneamente alcuna azione di cura di sé e spetta perciò all’infermiere agire al suo posto (es. paziente in coma). Il sistema parzialmente compensatorio sia il p.te che l’infermiere partecipano alla cura di sé. Infine il sistema educativo prevede che il p.te sia in grado di compiere o di apprendere aspetti della cura di sé. L’infermiere in questo caso funge da orientamento e sostegno educazionale nell’insegnamento di determinati atti per promuovere e/o salvaguardare la salute del soggetto, (es. l’insegnamento ad un p.te diabetico all’autosomministrazione d’insulina, ed all’attenersi ad una dieta idonea). Tali azioni compensatorie sono attuate sulla scorta dell’individuazione delle prestazioni infermieristiche che si possono così schematizzare:

1.      Assicurare la respirazione.

2.      Assicurare l’alimentazione e l’idratazione.

3.      Assicurare l’eliminazione urinaria e intestinale.

4.      Assicurare l’igiene e il comfort.

5.      Assicurare il riposo e il sonno.

6.      Assicurare la funzione cardiocircolatoria.

7.      Assicurare un ambiente sicuro e terapeutico.

8.      Sviluppare una corretta interazione nella comunicazione.

9.      Eseguire le procedure diagnostiche.

10.  Applicare le procedure terapeutiche.

L’autonomia dell’infermiere è prevalentemente completa nelle prime otto prestazioni.          Per quanto riguarda invece le procedure diagnostiche e terapeutiche vi è autonomia limitata, poiché sussiste la prestazione medica. (Gentilini 2003).

Prestazioni infermieristiche autonome: sono determinate dal modello delle prestazioni infermieristiche che si basa sull’assunto che la prestazione assistenziale infermieristica si traduce in una risposta atta a soddisfare un bisogno specifico manifestato e non dal paziente, (problem solving). Essa si esplica mediante un complesso d’azioni coordinate tradotte in un metodo di lavoro che è proprio dei professionisti, quali sono gli infermieri, finalizzate all’ottenimento di un risultato rispetto ad un obiettivo prefissato relativo al bisogno dell’assistito, (processo di assistenza infermieristica). L’infermiere può fare ciò purché abbia conoscenza, competenza, esperienza e professionalità, poiché il grado d’autonomia e responsabilità sono totali in termini di capacità decisionale. (Gentilini 2003).

Prestazioni infermieristiche ad autonomia limitata: a differenza delle prestazioni infermieristiche autonome, le prestazioni ad autonomia limitata presuppongono l’interdipendenza con altre figure professionali nell’ottenimento del risultato, pertanto il grado di responsabilità su quest’ultimo sarà parziale e limitato alla specifica azione infermieristica. (Vedi problemi collaborativi).   

Corresponsabilità: con tale termine, si delineano le responsabilità comuni rispetto le proprie competenze e professionalità delle figure operanti nel contesto di collaborazione nell’espletamento delle manovre diagnostico terapeutiche e clinico assistenziali nei confronti dei p.ti/utenti.

 Problemi collaborativi: per problemi collaborativi s’ intendono tutti gli interventi tecnico-procedurali attuati come risposta ad ogni complicanza reale o potenziale fisiologica che può derivare dalla malattia, da un trauma, da un trattamento in cui gli infermieri intervengono in collaborazione con altre discipline (Carpenito 2000). L’infermiere pertanto rispetto la collaborazione con la figura medica garantisce e risponde, come previsto dal proprio profilo professionale all’art.3: “Della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche”.

 Disposizioni permanenti: le disposizioni permanenti si possono applicare senza il contatto con il medico della C.O. (centrale operativa). Ad ogni modo il medico della C.O. può essere sempre coinvolto per chiarire o completare una disposizione permanente. (Procedure operative extra-ospedaliere Comitato Interdipartimentale della Provincia di Brescia 2003).

 Disposizioni provvisorie: le disposizioni provvisorie richiedono il contatto con il medico di C.O. prima di essere effettuate. Una volta preso contatto con il medico di C.O.,solo le opzioni elencate su quel particolare protocollo utilizzato possono essere considerate.   (Procedure operative extra-ospedaliere Comitato Interdipartimentale della Provincia di Brescia 2003.)

Somministrazione di farmaci: i soccorritori infermieri somministrano farmaci solo se prescritti dal medico della C.O. o in base alle linee guida specifiche dettate dal responsabile del SSUEm. I soccorritori di base e infermieri possono permettere al paziente cosciente di autosomministrarsi i farmaci prescritti dal proprio medico curante. (Procedure operative extra-ospedaliere Comitato Interdipartimentale della Provincia di Brescia 2003).

Decisione discrezionale: un paziente non sempre può essere inquadrato in una formula rigida, alcune situazioni non possono adattarsi alle linee guida. Per quei pazienti che non sono inquadrabili in una formula rigida, o dove non ci siano protocolli il termine “decisione discrezionale” sarà utilizzato tra infermiere e il medico della C.O. L’infermiere inizierà il trattamento più appropriato (somm. d’ossigeno, monitoraggio cardiaco, accesso endovenoso e/o trasporto) e prenderà contatto con il medico della C.O. per differenziare i problemi clinici più urgenti e definire il trattamento più indicato. Allo stesso tempo, il medico della C.O. indicherà il trattamento più appropriato nei limiti della competenza dell’infermiere. L’infermiere non può superare le proprie competenze e addestramento mentre effettua una decisione discrezionale. Una decisione discrezionale può comprendere, ma non è limitata a:

 

·    Uso di farmaci contenuti nei protocolli a dosi superiori a quelle indicate nei protocolli stessi, per ragioni specifiche che devono essere documentate sia dall’infermiere che somministra il farmaco (scheda paziente) che dal medico che prescrive (nota scheda di soccorso); per esempio dosaggio massiccio di furosemide per trattare un edema polmonare)

 

·   Uso di farmaci contenuti nei protocolli per scopi diversi da quelli indicati nei protocolli stessi, per ragioni specifiche che devono essere documentate sia dall’infermiere che somministra il farmaco (scheda paziente) che dal medico che prescrive (nota scheda di soccorso); per esempio alte dosi di atropina nell’intossicazione di organofosforici (gas nervino). (procedure operative extra-ospedaliere comitato area territoriale interdipartimentale della provincia di Brescia).

Comunicazione con la centrale operativa: in nessuna circostanza un soccorritore opera sulla scena per più di 15 minuti dopo il contatto con il paziente senza tentare di comunicare con la C.O. SSUEm. Nel caso d’impossibilità a comunicare con la C.O.SSUEm, l’infermiere soccorritore eseguirà solo quelle procedure previste come disposizioni permanenti o per il trasporto del paziente all’ospedale più vicino.

Protocollo: il protocollo è un documento scritto a disposizione nel tempo; trasforma gli studi e le conoscenze cliniche in comportamenti; traduce la ricerca in prassi. E’ uno strumento organizzativo giacché è rivolto ai professionisti in pratica a persone che hanno competenza autonomia e responsabilità. Traduce i dati della letteratura, delle fonti bibliografiche in azioni e in comportamenti e serve ad omogeneizzarli in prospettiva all’uso del personale, renderli osservabili e pertanto valutabili, ed infine consente l’adeguamento dei comportamenti alle conoscenze disponibili. (Gentilini 2003).

Modello “on line”: l’infermiere secondo questo modello operativo è in diretto contatto con il medico via radio e riceve disposizioni direttamente dal medico di centrale. (Benci 2003).

Modello “medico on scene”: si basa sulla presenza fisica del medico sulla scena. Può essere attuato in via diretta, con il medico presente sull’ambulanza, o in via indiretta con il medico di supporto sull’auto medica. (Benci 2003).

Modello “standard orders protocol system: modello caratterizzato dalla predisposizione di protocolli di comportamento, senza generalmente essere in contatto via radio. (Benci 2003).

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

1        “Approvazione Linee Guida Regionali sulla defibrillazione semiautomatica”. Deliberazione della Giunta Regionale n° 7/10306 16 settembre 2002.

2        Stefania Gastaldi, “Formazione del personale per l’emergenza/urgenza”. I quaderni de l’infermiere supplemento n° 1/2004.

3        Mario Greco et al. “Guida all’esercizio della professione di infermiere”.. C.G. Edizioni medico scientifiche III edizione 2002.

4        Federazione Nazionale Collegi IPASVI.“Il codice deontologico degli infermieri”. Febbraio 1999.

5        Andrea Gentilini et al. “Il paziente critico”. Casa editrice Ambrosiana 2003.

6        Sergio de Carolis. “ l’abrogazione del mansionario”. I quaderni de, l’infermiere supplemento n° 2/2003.

7        Luca Benci. “Manuale giuridico professionale per l’sercizio del Nursing”. M.C. Graw Hill II edizione 2003. 

8        Alberto Adducci et al. “P.H.T.L.S.”. Centro scientifico editore V edizione 2003.

9        Lynda Juall Carpenito. “Piani di assistenza infermieristica e documentazione”. Casa editrice Ambrosiana, Gennaio 2000.

10    R.F. Craven, C.J. Hirnle. “Principi fondamentali dell’assistenza infermieristica”. Casa editrice Ambrosiana II edizione 2004.

11    Arturo Toninelli et al. “Procedure operative extra-ospedaliere”. Comitato Area Territoriale Interdipartimentale della Provincia di Brescia, 1 dicembre 2003.

12    Repubblica Italiana: bollettino Ufficiale della Regione Lombardia. “Progetto Regionale di implementazione del sistema Urgenza/Emergenza Territoriale SSUEm 118”.  1° Supplemento Straordinario n° 47. Novembre 1999.

13    Edoardo Manzoni. “Storia e filosofia dell’assistenza infermieristica”. Ed. Masson 2001.  

14    Sergio de Carolis. “Un profilo autonomo”. I quaderni de, l’infermiere, supplemento n° 2/2003.

 

 

 

 

 

 

 

                                                                  

 Tesi : La Definizione del Ruolo Infiermieristico  Nell'area della Urgenza-Emergenza  Extra-Ospedaliera.

di Davide Barile

a cura di Maria Richichi

 

 

Il Dottor Davide Barile