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      Giugno 2009

Nessun bavaglio per i giornalisti che sanno stare nell’alveo della legalità -
di Giuseppe Romeo

 

Articoli e Servizi Particolari

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NESSUN BAVAGLIO PER I GIORNALISTI
che sanno stare nell'alveo della legalità
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Con la recente approvazione alla Camera dei Deputati della norma che vieta la pubblicazione anche parziale o per riassunto o del relativo contenuto di atti di indagine preliminare nonché di quanto acquisito al fascicolo del pubblico ministero o del difensore, anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare, non viene imbavagliato nessuno giornalista; non c'è bavaglio neanche per l'altro divieto di pubblicare il contenuto di provvedimenti di custodia cautelare sino a quando la persona sottoposta alle indagini, ovvero il suo difensore non ne siano venuti a conoscenza, né per quello di pubblicare e diffondere i nomi e le immagini dei magistrati relativamente ai processi penali loro affidati quando la rappresentanza dell'avvenimento da divulgare non può essere separata dalla immagine del magistrato; tale divieto in buona sostanza fa rientrare nell'alveo della civiltà giuridico/costituzionale un giornalismo licenzioso e intrufolante pregiudizievole al buon nome delle persone.

Chi sa fare vero giornalismo con rigore professionale, sa bene che il diritto di cronaca non è l'arte della insinuazione o della propalazione sbandierata anche di atti e fatti che appartengono alla sfera riservata della dignità della persona, ma del resoconto analitico e critico/informativo di atti e fatti certi e non presunti o campati in aria, e che soprattutto non è esente dall'obbligo giuridico/professionale di non sconfinare a detrimento di diritti altrui costituzionalmente protetti o di arrecare pregiudizio al loro regolare esercizio.

Io stesso, convinto e consapevole di questa obbligatorietà, ho segnalato prima che si insediasse l'attuale Governo la necessità di perimetrare, a garanzia del rispetto del diritto alla riservatezza della persona indagata, tutto il periodo antecedente al suo eventuale rinvio a giudizio cui provvede il GUP ( giudice, terzo, dell'Udienza Preliminare) su richiesta del Pubblico Ministero (magistrato, pubblico accusatore appartenente ancora allo stesso Ordinamento Giudiziario), col “cordone sanitario” del divieto per tutti, giornalisti compresi, di rendere pubblici parzialmente o totalmente atti e fatti interni alle indagini preliminari ( investigazioni ) di cui, per ora, è titolare il Pubblico Ministero e che vengono svolte sotto la sua direzione anche dalla Polizia Giudiziaria (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Forestali ecc.).

Il Pubblico Ministero, infatti, che acquisisce direttamente o per mezzo della Polizia Giudiziaria la notizia di reato (esposto, querela, denunzia, rapporto dei Pubblici Ufficiali-dipendenti delle varie amministrazioni pubbliche/Stato, Regioni, Provincie, Comuni ecc) e referto degli esercenti professione sanitaria, la fa iscrivere nell'apposito registro cronologico dei reati tenuto nella competente Procura della Repubblica e dà avvio alle predette indagini preliminari che sono atti di ricerca ed acquisizione delle prove di colpevolezza da concludere ordinariamente entro sei mesi dalla data di iscrizione della notizia di reato ed oltre questo periodo nei pochi e specifici casi previsti tassativamente dal codice di procedura penale; è una sostanziale raccolta di dati ed elementi attendibili e di individuazione della loro fonte di derivazione necessari ed utili al Pubblico Ministero per potere verificare se esistano o meno, nei confronti della persona indagata in relazione a un determinato fatto compiuto e perseguibile penalmente, le condizioni per potere inoltrare motivata richiesta al GUP ( magistrato giudicante, nella Udienza Preliminare) di rinvio a giudizio ( sottoporlo cioè al giudizio dibattimentale dinanzi al giudice penale competente) o fare richiesta motivata di archiviazione al GIP (Giudice per le indagini preliminari) della notizia di reato per infondatezza o quando è ignoto l'autore del reato e non intende chiedere al GIP l'autorizzazione a proseguire le indagini.

Pertanto, sino a quando la richiesta di rinvio a giudizio non giunge al Giudice dell'Udienza preliminare, udienza che si svolge a porte chiuse e che consente all'indagato di instaurare col Pubblico Ministero un contraddittorio anticipato in questa sede preliminare che è stata preordinata appunto dal legislatore allo scopo di evitare al soggetto indagato accuse infondate o non adeguatamente valutate ed appropriate, non è lecito arrecare pregiudizio al diritto alla riservatezza della persona accusata e violare impunemente l'incombente e correlato obbligo per chiunque, Cronaca compresa, di non diffondere notizie pertinenti alle indagini svolte prima dell'esito della udienza preliminare, a salvaguardia della reputazione di tale persona che conserva intatto il suo sacrosanto diritto, costituzionalmente protetto, di essere considerata innocente da chiunque sino a quando non si sarà consolidata eventualmente a suo carico una sentenza definitiva di condanna.

In questo contesto di legalità succintamente delineato e semplificato per il lettore inesperto di queste problematiche, qualsiasi giornalista scrupoloso e ponderato avrebbe dovuto astenersi quantomeno prudenzialmente, anche prima della recente approvazione della norma limitativa, dal diffondere notizie in merito alle indagini preliminari, non soltanto a doveroso rispetto della reputazione della persona indagata ma anche per non arrecare alcun pregiudizio alla regolare conclusione riservata di tali indagini, differendo il soddisfacimento della eventuale pressante bramosia divulgativa alla data di conclusione della udienza preliminare; dopo tale conclusione, infatti, se non ci sarà sentenza di non luogo a procedere, col rinvio a giudizio dell'imputato si apriranno lecitamente le porte per la celebrazione pubblica del processo dentro il quale si svolgerà il dibattimento orale preordinato alla formazione effettiva delle prove di colpevolezza o di discolpa dell'imputato e sul quale si potranno accendere lecitamente i riflettori della umana curiosità e della cronaca a cielo aperto.

Il giornalismo, come tutte le altre attività divulgative è incardinato nell'ordinamento giuridico del nostro Paese e non in zona franca; non deve ritenersi imbavagliato, pertanto come in questo caso, quando ci sono in giuoco altri diritti da rispettare e tutelare non secondari rispetto a quello di cronaca, ma concorrere semmai alla loro conservazione e rispetto, scansando ogni eventuale pericolo di comprometterli.

E’ ormai diffuso il convincimento che sino a quando non ci sarà una netta e chiara percezione della distinzione e separazione dei ruoli che ha il magistrato P.M., pubblico accusatore, e il suo collega magistrato giudicante, entrambi ancora facenti parte dello stesso ordinamento giudiziario, anche alcuni incauti colleghi giornalisti potranno correre, il rischio di cadere, nel grave errore di considerare lo svolgimento delle indagini preliminari ed anche la richiesta di rinvio a giudizio, prima ancora che arrivi al GUP, come una anticipata marcatura di condanna e costruire sopra disdicevole informazione.

Pertanto, a mio parere, bene ha fatto l'attuale Governo a porvi rimedio non alla scopo di comprimere la libertà di stampa ma per fare sostare anche i giornalisti, parimenti come ogni altra persona estranea allo svolgimento delle indagini preliminari, dietro la porta della Udienza Preliminare, con la giustificata e condivisibile finalità preminente di alleviare la sofferenza democratica ancora percepita da tutti coloro che avvertono il pericolo di crollo del loro sacrosanto diritto di non essere esposti ingiustamente al pubblico disprezzo con la pubblicazione di notizie lesive del loro diritto alla riservatezza e del loro personale sentimento dell'onore e del decoro.

Il divieto introdotto non è, pertanto, un atto di lesa maestà per la Categoria dei Giornalisti ma un appropriato tassello nel mosaico giuridico/costituzionale che contraddistingue la civiltà giuridico/ democratica del nostro Paese offuscata spesso dalla smisurata propaganda e contrapposizione politica anche di questi giorni che viene anche fomentata, a spese ( contributi statali alla Stampa a fondo perduto ) anche dei contribuenti indagati, dalla diffusione artificiosa di notizie confezionate ad effetto e quindi prive della loro originale ed integrale genuinità.

Milano 12.06.09

Giuseppe Romeo
Avvocato, Giudice Tributario